venerdì 2 maggio 2008

La sindria (L'anguria)

Le origini
Originario dell'Africa tropicale, dove sono ancora presenti numerose forme spontanee, il cocomero (Cucurbita citrullus) era già conosciuto dagli antichi Egizi, che lo coltivavano lungo il Nilo.Successivamente fu introdotto nel bacino del Mediterraneo; nel nostro paese questa coltura si diffuse all'inizio dell'Era Cristiana.
La coltivazione dell'anguria
A livello mondiale, la coltivazione dell'anguria interessa circa 1.500.000 ettari ed è particolarmente diffusa in Russia, Turchia, Brasile e Stati Uniti.In Italia questa coltura si estende su una superficie di circa 18.000 ettari, da cui si ottiene una produzione superiore alle 600.000 tonnellate, concentrata soprattutto in Emilia-Romagna, da cui proviene il 30% del raccolto nazionale, e nel Lazio. Per quanto riguarda il panorama varietale, le cultivar più diffuse in Italia sono Sugar Baby e Crimson Sweet.
Consumo e conservazione
Grazie all'elevato contenuto di acqua (oltre 95 grammi per 100 grammi di prodotto), l'anguria possiede una notevole capacità dissetante. Questo frutto svolge, inoltre, una buona azione diuretica.In cosmesi, si utilizza la polpa per preparare maschere rinfrescanti ed idratanti; il succo entra invece come ingrediente di lozioni che ammorbidiscono la pelle. Oltre ad essere consumata al naturale, l'anguria può essere utilizzata per preparare macedonie, marmellate, confetture e dolci. Le migliori condizioni di conservazione si raggiungono con una temperatura di 10-15 °C ed un'umidità relativa dell'80-90%.

Sa Pompia, il dolce della tradizione

L’albero sembra un arancio, ma i rami sono molto spinosi.
I frutti sono stranissimi, grandi come e più di un pompelmo – possono pesare anche 700 grammi – di colore giallo intenso e con la buccia spessa, granulosa, anzi si può dire bitorzoluta, costoluta. La pompìa esiste già da oltre due secoli, cresce solo in Sardegna, in un’area della Baronia che gravita intorno al comune di Siniscola. Cresce spontanea nelle macchie e negli agrumeti ed è arrivata sino a oggi perché è la materia prima fondamentale di alcuni dolci tradizionali di Siniscola.
AVVERSITA' E CURA DEGLI AGRUMI.
Gli Agrumi sono soggetti ad una ampia casistica di avversità.
Le patologie di tipo ambientale: sono tipicamente le carenze, fra cui la clorosi ferrica, la quale si manifesta a vari livelli a seconda della gravità.
Le foglie ingialliscono progressivamente, dagli apici vegetativi sino alla base della pianta.
Nei casi critici le piante non fioriscono o hanno scarsa fioritura o perdono precocemente i frutti. Le foglie poi si seccano ai bordi e cadono sino a portare la pianta a completa defogliazione. Assieme a questa carenza ve ne sono altre che presentano sintomi differenti fra cui: ingiallimenti delle foglie basali, torsione delle foglie, l' imbianchimento e la deformazione delle foglie, oppure punteggiature e arricciamenti, a cui fanno seguito scarsa fioritura e fruttificazione e scarse qualità dei frutti (aromi, zuccheri, colore e pezzatura) .
Queste cause sono controllabili preventivamente, con l'utilizzo di fertilizzanti idonei come quelli specifici per agrumi, mentre in altre situazioni le piante sono recuperabili a livello delle prime manifestazioni con interventi specifici con integratori di microelementi.
Altre cause "ambientali" sono:
1) la carenza di luce, che porta a scarsa fioritura e conseguente scarsa o nulla fruttificazione, oltre ad una crescita minima delle piante; si consiglia quindi di porre gli Agrumi in luogo molto luminoso, con almeno 4-6 ore di sole diretto al giorno.
2)L'inquinamento: queste piante non si sviluppano al meglio nei luoghi molto soggetti ad inquinamento, si sconsiglia quindi di utilizzarli nelle aiuole spartitraffico, o comunque nell'arredo urbano in aree soggette a molto traffico automobilistico.
3) Gli stress termici invernali ed estivi; nelle zone con inverni molto freddi è bene tenere le piante di Agrumi in luogo protetto, almeno fino al mese di aprile o maggio, in modo da evitare qualsiasi esposizione a temperature di molto inferiori allo zero per periodi prolungati; in estate può essere necessario ombreggiare leggermente gli esemplari coltivati in vaso durante le ore più calde della giornata.
4)L'eccesso di salinità in acqua e suolo, che porta la pianta ad una debilitazione generale.
In questi casi assieme alla prevenzione e la rimozione della causa predisponente è consigliato il tempestivo utilizzo di prodotti "energetici" per offrire alla pianta un valido aiuto per un veloce recupero dell'efficienza vegetativa dopo lo stress e favorirne lo sviluppo.
Tra le principali malattie parassitarie di origine vegetale (funghi) troviamo:
Mal Secco;
Marciume basale o del colletto;
Maculature delle foglie e dei frutti;
Muffa delle foglie e dei frutti;
Marciume bruno dei frutti.

Le principali malattie parassitarie di origine animale (insetti) troviamo:
Larve minatrici di fiori e foglie o Tignole;
Mosca della frutta ;
Minatrice serpentina;
UTILIZZI IN CUCINA.
Della pompìa si usa solo la scorza per fare liquori, oppure la parte bianca sotto la scorza per fare le aranciate e una specie di canditi casalinghi: la polpa, e quindi il succo, sono troppo acidi, molto di più del limone.
Impensabile quindi il consumo fresco, a spicchi, o sotto forma di spremute.
Le sue origini sono misteriose: da alcuni è ritenuta un cedro ma molte caratteristiche, sia dell’albero che del frutto, non corrispondono alla specie.
Molto probabilmente è un ibrido naturale sviluppatosi da incroci tra agrumi locali.
Il territorio di Siniscola è parte dell’area agrumicola sarda che va da Budoni a Orosei, dove nei secoli sono state coltivate moltissime varietà di cedro, arancio e limone.
E’proprio tra i testi di appassionati di agronomia e botanica del Settecento, in particolare in un saggio sulla biodiversità vegetale e animale della Sardegna di Andrea Manca dell’Arca, pubblicato nel 1780, che si trova la prima citazione della pompìa.
Più o meno negli stessi anni, nel 1760, una statistica redatta per ordine del Viceré registra alcune coltivazioni di pompìa a Milis, nell’Oristanese.
Oggi gli alberi di pompìa crescono sporadicamente qua e là nelle campagne della Baronia.
Gli agricoltori della zona hanno alcuni alberi soprattutto per il consumo famigliare, solo due di loro coltivano veri e propri agrumeti e vendono le pompìe alle poche pasticcerie e ai ristoranti di Siniscola che producono dolci tradizionali.
Il comune di Siniscola ha avviato di recente un campo sperimentale di 500 alberi. Tutte le coltivazioni sono assolutamente naturali: l’albero di pompìa è molto rustico e resistente, raramente si ammala.
La raccolta è manuale e avviene a partire dalla metà di novembre fino a gennaio. Il Presidio ha riunito i coltivatori, i pasticceri e i ristoranti di Siniscola: l’obiettivo è far conoscere questo agrume singolare anche al di fuori del ristretto mercato locale e fare ricerca per individuare nuove possibilità di trasformazione e impiego dei frutti.
A tavola I dolci di pompìa hanno tempi di lavorazione lunghissimi.
Almeno sei ore di tempo, da quando si gratta via la scorza del frutto e lo si libera dalla polpa molto amara, cercando accuratamente di non danneggiare o rompere la parte bianca sottostante. Al termine non rimane che una sorta di palloncino vuoto che viene prima lessato, poi immerso nel miele millefiori e posto in una teglia a sobbollire per circa tre ore.
Al termine si fa raffreddare e si pone su un piattino: sa pompìa intrea è pronta.
Qualcuno la riempie di mandorle tritate, il nome del dolce in questo caso è sa pompìa prena.
Con la pompìa candita, a filetti, si prepara anche s’aranzata: una torta composta di pezzetti di pompìa, mandorle, ancora miele millefiori e piccoli confettini colorati (sa trazea).

Riso

IL RISO

Il riso è la cariosside , la pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Gramineae. Dopo la cariosside del riso si fa la mietitura che si intende il processo di raccolta nei campi dei cereali maturi. Il risone diventa commestibile dopo varie lavorazioni, svolte in un'industria risiera, principalmente a liberarlo dalle parti tegumentali (lolla o pula) . La lolla e il riso del rivestimento esterno del chicco, asportato con il processo di sbramatura.


PRODUZIONE E LAVORAZIONE DEL PRODOTTO


Si comincia con l'aratura della risaia, non eccessivamente profonda da aerare il suolo compattato dalla sommersione precedente: poi si passa all'erpicatura, per sminuzzare il terreno, e a una prima concimazione. La semina si fa in primavera (aprile, maggio) con una macchina seminatrice; il seme (risone) deve essere preventivamente ammollato, perché non galleggi. La semina si puo effettuare con risaia allagata, o risaia sommersa,oppure con risaia asciutta,cioe priva di acqua;la prima semina viene effettuata esclusivamente a spaglio, mentre in asciutta si semina interrando il seme a file . Tutte le tecniche prevedono una precedente o una successiva sommersione della risaia( essa consente di spostare verso temperature piu alte il campo di escursione termica ).



Il riso è avvolto dalle glumelle RISONE e subisce le seguenti lavorazioni: 1. PULITURA: separazione dalle impurezze 2.SBRAMATURA: distacco e separazione delle glumelle della cariosside, le glumelle formano la lolla. 3. SBIANCATURA: in cui si allontanano gli strati esterni della cariosside e l'embrione.

Nel corso della pilatura si ottengono i seguenti prodotti:

Il riso grezzo: che è privato della lolla però ha ancora il pericarpo e l'embrione.
Il riso sbramato : che ha subito una lavorazione incompleta alla sbiancatura e si usa nella lavorazione della birra.
Il riso raffinato : che è il riso bianco che ha subito 3-4 passaggi alla sbiancatura e che viene destinato come sottoprodotto a lavorazioni speciali.
Il riso comolino e oleato: che si ottiene oleando la superficie del riso raffinato con olio di lino o di vaselina.
Il riso brillato: che si prepara a seguito di lavorazioni con talco e glucosio e si usa nell'alimentazione umana

Si fanno 3 operazioni che sono:
1) La sbramatura viene eseguita con due dischi orizzontali, detti sbramini,il disco superiore è stazionario mentre quello inferiore , ad adeguata distanza , è in rotazione.Un'evoluzione degli sbramini a dischi è rappresentata dagli sbramini a cilindri gommati ruotanti a differenti velocità, i quali hanno ridotto i rischi di rottura.
2)La sbiancatura è un ulteriore passaggio effettuato nelle sbiancatrici, macchine costituite da coni pieni rotanti in griglie coniche.
3)La lucidatura, compiuta in macchinari simili alle sbiancatrici ma a coni rivestiti con strisce di cuoio, ha lo scopo di rendere il chicco più bianco e levigato. Il riso così ottenuto è noto come lavorato o raffinato. Esso viene infine selezionato e confezionato.



IL RACCOLTO

Le spighe del riso sono mature a settembre; con una mietitrebbia si svolgono contemporaneamente le due operazioni di mietitura e di trebbiatura




Produzione e lavorazione del prodotto


I funghi sono i principali patogeni della coltura del riso che possono colpire a qualsiasi malattiache possono essere il seme, foglie, collo (punto di attacco della pannocchia). La Pioggia, umidità dell’aria, temperatura, ph del terreno sono i fattori ambientali che influenzano lo sviluppo della coltura impiantata il riso. Un ' altra malattia puo essere la Brusone Che e anche un patogeno , dove si attaca alle foglie e alle guaine , sul culmo , e sulle pannocchie . Sulle foglie e sulle guaine e si trovano nelle tacche strette ed allungate ed di colore grigiastro , quando le piante sono state colpite da questa malattia Brusone le piante rallentano la loro crescita e la maturazione cariosside non si completa del tutto. La lotta contro la Brusone del riso bisogna usare la chimica e consiste con diversi metodi che possono essere di evitare di seminare dei semi troppo fini e che sono ritardate oppure usare delle concimazioni che devono evitare squilibri nutrizionali ed eccessivo di azoto.