venerdì 6 giugno 2008

Caratteristiche botaniche dell'Olivo

Come caratteristiche botaniche l’olivo presenta un’ apparato radicale alquanto esteso, e molto superficiale, costituito principalmente da radici fascicolate e superficiali che si espandono lateralmente; nella zona di intersezione tra le radici e il fusto, chiamato pedale, o ceppaia, o ciocco, risulta ingrossato dal quale facilmente si sviluppano dei germogli chiamati polloni, e che vanno eliminati perché sfruttano la pianta. Dal pedale si sviluppa il tronco, che è grigio-verde e liscio fino al decimo anno circa di età, dopo di che diventa più nodoso, con solchi profondi e contorti, ed assume colore scuro. Il tronco diviene più o meno lungo, a seconda della forma di allevamento scelta; sono state trovate delle piante ultrasecolari che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli. Sul tronco sono inserite le branche che recano i rami; su questi nascono i germogli che sono le ramificazioni che si sviluppano nell'annata. I germogli che nascono sul dorso dei rami e branche perpendicolarmente, e crescono rapidi e vigorosi, sono detti succhioni, e anche questi vanno eliminati in quanto sfruttano la pianta. Dalle varie ramificazioni nascono le foglie, che si formano dalla primavera all'autunno e restano vitali fino a due anni di età, subito dopo cadono e vengono sostituite da delle altre. La foglia è lanceolate lunghe in media da 5 a 8 centimetri, verdi nella parte superiore, grigio argento nella parte inferiore. Sull'ascella di ogni foglia, cioè il luogo di intersezione fra il ramo e il peduncolo della foglia, si trova una gemma. L'ulivo è caratterizzato da due tipi di gemme, la gemma a legno che dare luogo ad un germoglio, e la gemma a fiore, che darà luogo a una infiorescenza. Da questa infiorescenza nasceranno dei fiori riuniti, e non singoli, simile ad un piccolo grappolo, chiamata comunemente "mignola". Questi fiori sono ermafrodita, possiede cioè uniti gli organi maschili (due stami) e quelli femminili (pistillo); il fiore è molto piccolo (3-5 mm) e la sua corolla è costituita da quattro petali biancastri saldati fra di loro alla base; il pistillo è tozzo, breve, provvisto di uno stimma ampio piumato, ricco di papille e quindi molto adatto a trattenere facilmente il polline. La fecondazione di questo fiore è anemofila, cioè avviene per mezzo del vento, anche a notevole distanza tra le piante. Da questa fecondazione nascono i vari frutti chiamati “Olive” o “drupe”; i frutti pesano da 2 a 20 grammi, ed hanno un colore che cambia dal verde al viola al nero violaceo a seconda della varietà dalla pianta, la sua forma in genere e ovoidale ed all'interno è formata da tre parti: il seme chiamato endocarpo, e legnoso e ha la forma della drupa; il mesocarpo che è la polpa ricca di olio, raccolto in goccioline all'interno delle cellule; e infine la buccia chiamata epicarpo, che può essere più o meno grossa, e riveste il ruolo di protezione. Per ogni varietà segue un processo chiamato invaiatura dove il colore dell’oliva cambia a uno più scuro.
Le olive maturano a partire da ottobre (a seconda della zona in cui è); e si classificano in due gruppi, tra cui: olive da olio, e olive da confetto o da mensa. Le olive da olio sono usate per la produzione di olio, in quanto ricche di olio, ad esempio la Bosana, o la Nera di Gonnos, Leccino, Frantoio, ecc. Invece per quanto riguarda le olive da confetto o da mensa, vengono usate soprattutto per l'alimentazione diretta, infatti queste hanno poco contenuto in olio all'interno, ma hanno più polpa, ad esempio Olia Bianca, Tonda di Cagliari, ecc. Una pianta d'olivo può produrre dai 30 ai 60 chili a raccolta, e la resa in olio su 100 chili di olive, è di 18-20 chili di olio a seconda della varietà. L'olio come sapiamo si di vide in olio extravergine d'oliva (acidità -1%), olio d'oliva (acidità +2%), olio di sansa, cioè olio estratto dal rimanente delle lavorazioni, per ottenere gli olii accennati prima (acidità molto forte).
L'olio di oliva è utilizzato soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà extravergine e vergine, per condire insalate, conservare verdure in barattolo, insaporire vari alimenti, ma anche varie fritture. Nella dieta Mediterranea è consigliato il suo uso per le capacità benefiche che lui possiede, grazie alla presenza di sostanze antiossidanti, è alla proprietà di combattere il colesterolo. Quest’olio è anche usato per la produzione del sapone e in cosmetica, e un tempo si usava come farmaco, e come combustibile per le lampade ad olio. Quindi si può dire che l'olio da sempre a rivestito un ruolo molto importante nelle varie popolazioni che lo hanno conosciuto, facendoci ricordare il sapore e l'odore delle terre su cui siamo nati e cresciuti nel tempo, assimilando le varie tecniche per arrivare a ottenere un prodotto di qualità, ormai conosciuto in campo internazionale.

La vite-Descrizione : La radice

La radice della vite varia secondo le specie e il modo di propagazione della pianta (per seme, per gemma o per talea). La profondità delle radici è limitata e in genere è compresa fra 25-30 cm e 60-80 cm. Notevole è l’espansione laterale: nei vigneti le radici occupano il terreno intorno al fusto e tra le file. In una vecchia vite di 60 anni si sono trovate radici lunghe fino a 20 m!

La vite-Descrizione : Le gemme

Le gemme della vite si distinguono in: pronte, ibernanti e latenti.
Pronte, sono le gemme che germogliano nell’anno stesso della loro formazione.
Ibernanti, se non in particolari casi, non schiudono nell’anno della loro formazione, ma nell’anno seguente.
Latenti, queste gemme non germogliano neppure l’anno successivo, ma solamente in casi eccezionali come, ad esempio, una forte potatura.

La vite-Descrizione : Le foglie

La foglie della vite sono tipicamente palmate, ma la forma e le dimensioni possono variare. Durante l’estate sono verdi opache, a volte bollose nella pagina superiore, pelosette e grigiastre nella pagina inferiore. Le nervature sono visibili nella pagina superiore e rilevate in quell’inferiore. Interessante il fatto che nella vite si riscontra un’accentuata eterofillia ossia la presenza su di una stessa pianta di foglie con forma e grandezza differenti.

La vite-Descrizione : Il fiore

L’infiorescenza della vite è un grappolo composto, inserito sul nodo dalla parte opposta della foglia. Il grappolo è formato da un’asse centrale detto rachide, su cui s’inseriscono delle ramificazioni laterali, i racimoli, che portano i fiori. Ogni fiore è portato da un pedicello che si allarga in prossimità del calice. Il calice del fiore è formato da cinque sepali appena accennati; la corolla è formata da cinque petali, riuniti in alto in modo da formare una specie di cappuccio, la caliptra, che cade in fioritura alla maturazione del fiore. E’ al momento della caduta della caliptra che si rendono visibili i cinque stami, portatori del polline e il pistillo nel centro del fiore, a forma di piccolo fiasco. Si dice quindi che il fiore è ermafrodita, anche se in alcune qualità di viti vi sono, divisi, fiori con stami e fiori con pistilli.

martedì 3 giugno 2008

Olivo-insetti dannosi: Tignola dell'olivo (Prays oleae)

La Tignola dell'olivo, è una farfalla di circa 13-15 mm di appertura alare, di color bianco cenerino, che presenta prevalentemente tre generazioni di accrescimento annuali, tra cui:
1. Larva di 1°generazione;
2. Larva di 2° generazione;
3. Larva di 3° generazione;
Tutte e tre le generazioni, attaccano rispettivamente le foglie, i fiori e i frutti.
Le larve mature sono lunghe circa 8mm, e hanno un colore che va dal verde cenerino col capo rossiccio al marrone.
La prima generazione penetra nei boccioli fiorali distruggendo i vari organi riproduttivi, invece le larve di 2° generazione, che sono le più pericolose, attaccano i frutticini scavando galerie fino all' endocarpo, e provocando pure la cascola anticipata del frutto stesso, ed infine la 3° generazione, dove scavano tortuose gallerie nelle foglie, facendole seccare dall'esterno verso l'interno, queste tipo di larve possono anche entrare all'interno dei germogli, provocando anche su questi del seccume. La lotta è di tipo chimica e agronomica: i prodotti chimici usati sono tutti a base di fosforo, e gli interventi si eseguono soprattutto nella larve di 2° generazione perchè le altre generazioni non comportano gravi danni alle drupe, gli interventi si fanno nei mesi di giugno e luglio al termine delle ovideposizioni e prima della penetrazione delle larva nei frutticini. Invece per quanto riguarda le tecniche agronomiche si usano insetti, tra cui, entomofagi predatori (Rincoti Antocoridi, Ditteri Silfidi e Neurotteri Crisopidi) e parassitoidi (Imenotteri Calcidoidei e Imenotteri Braconidi).

Olivo-insetti dannosi: Cocciniglia mezzo grano di pepe (Seissetia olea)

Questo insetto è un Coccide e vive soprattutto nell'olivo e gli agrumi in generale, ma vive tuttavia su altre piante arboree ed erbacee comprendenti: oleandro, albero di giuda, evonimo, lentisco, aralia, palme, zucca e carduacee spontanee. Le infestazioni sull'olivo, interessano i rami, i rametti e la pagina inferiore delle foglie, dove le neanidi si localizzano lungo la nervatura principale. La cocciniglia causa deperimenti vegetativi, defogliazioni, disseccamenti di rametti, cascola e scarsa fruttificazione. La neanide (fase giovanile della cocciniglia) è di colore giallognolo, e divengono più scure durante lo sviluppo.
Il maschio è alato e compare raramente, la femmina adulta, misura circa 5 mm e il suo corpo è completamente ricoperto da uno scudetto di cera convesso (sotto il quale si sviluppano le uova) con disegnata sopra una H. Gli abbondanti escrementi zuccherini prodotti dalle femmine creano asfissia e provocano vari ustioni (effetto lente), ma creano anche un forte richiamo alimentare per le formiche.
Lo sviluppo della cocciniglia è favorito nelle annate con autunno e inverno miti e con estate umida e non eccessivamente calda. La lotta contro questo dannosissimo Rincote è di tipo agronomico ma anche di tipo chimico.
Il metodo chimico prevede una soglia d'intervento pari a 2-5 neanidi per foglia, o anche 1 femmina ogni ogni 10 cm di rametto. Nel caso si superi la soglia di intervento, si interviene con fosforganici e oli bianchi (si evita l'uso dei primi per l'alta tossicità anche verso l'entomofauna utile, si preferisce il secondo per il motivo opposto). La lotta agronomica si avvale di potature energiche e di basse concimazioni azotate.

Olivo-insetti dannosi: Mosca dell'olivo (Dacus oleae)

La Dacus oleae è il più importante fitofago dell'olivo; esso è diffuso in tutti gli oliveti italiani. La larva della Mosca dell'olivo misura circa 8 mm, ha un'apparato masticatore costituito da due mandibole nere, ad uncino, ben visibili ad occhio nudo, è di colore giallognolo ed è più sottile verso l'estremità cefalica. L'insetto adulto somiglia ad una mosca di piccole dimensioni (4-5 mm) con un apertura alare di 10-12 mm., presenta capo fulvo con occhi verdastri. Il corpo è di colore grigio ed le ali sono trasparenti, con due piccole macchie scure alle estremità. L'alimentazione di questo dittero, nello stato di larva, è la polpa dei frutti, in cui scava varie gallerie, e in caso di alta umidità le drupe bacate, vengono invase da microrganismi che provocano marciumi con conseguente cascola, invece quando diventa adulto si nutre dei succhi che fa fuoriuscire dalle diverse parti verdi della pianta dell'olivo, tramite il suo apparato boccale tipicamente pungente-succhiante. La Mosca dell'olivo è uno tra i principali vettori della Rogna dell'olivo.
La lotta per questo insetto, è di tipo chimico e segue i criteri della lotta guidata e intrgrata; essa viene effettuata con trattamenti al superamento della soglia di intervento, che è stata valutata circa per il 6-8% di drupe infestate. I prodotti usati sono i fosforganici ad esempio: diazinone, dimetoato ecc. Ma la lotta contro la mosca dell'olivo può anche essere di tipo agronomico con l'uso di trappole avvelenate. Ricordiamo che la mosca dell'olivo risente molto dell'alternanza di temperatura che per lei diventa un fattore limitante: infatti l'attività di volo inizia quando la temperatura supera i 14-18 °C e si arresta quando la temperatura supera i 31-33 °C; inoltre il susseguirsi di giornate estive caratterizzate da alte temperature quindi maggiori di 30°C, con una bassa umidità ed assenza di pioggia causano un'elevata mortalità delle uova e delle larve presenti all'interno dei frutti. Il rilevamento degli adulti si effettua con trappole termotropici, alimentari (avvelenate, prima che inizi l'ovideposizione) e sessuali (installate a fine giugno, 2-3 per ettaro), ma la soglia di danno si può stabilire anche con la raccolta di un tot di drupe raccolte a caso, provenienti da un tot di piante, ed esaminare le varie drupe, stabilendo il grado e la percentuale del danno subito, ad esempio su 100 drupe sono state attaccate 20 drupem, il grado del danno e del 20%.

L'Olivo-malattie: Rogna dell'olivo (Pseudomonas Savastanoi)

La Rogna dell'olivo, è una delle principali batteriosi conosciute.
Attacca i rami, le foglie, le radici sulle quali il danno è più rilevante che sulle altre parti della pianta, tronco e i frutti, sui quali si manifestano con tubercoli screpolati, duri e bruni causati da aperture prodotte da avversità, infezioni oppure da traumi.
L'elevata piovosità primaverile accompagnata da temperature, miti favoriscono l'attività del patogeno. I danni sono dovuti alla sottrazione di materiali plastici con conseguente diminuzione della loro produzione anche del 30%. A conseguenza di tale attacco si è rilevato anche un certo peggioramento qualitativo delle olive e dell'olio. La lotta contro la Rogna dell'olivo è di tipo preventivo unicamente agronomico e si avvale delle seguenti precauzioni: potatura di rimonda e distruzione dei rami infetti, non si raccoglie il prodotto tramite abbacchiatura, protezione e disinfezione delle ferite.

L'olivo-malattie:Lebbra delle olive (Gleosporium olivarum)

La lebbra delle olive è un'altra malattia fungina e si manifesta soprattutto nel periodo autunnale quando iniziano le piogge.
Questa malattia, colpisce i frutti in via di maturazione e si formano delle macchie estese, rotondeggianti, raggrinzite, bruno nerastre. Le olive colpite cadono in terra o, comunque, forniscono un olio di scadente qualità (rossastro, torbido e acido). La malattia può colpire anche i giovani rametti e le foglie sulle quali si formano macchie giallastre che in un secondo momento virano al marrone, le foglie colpite disseccano e cadono. La lotta che possiamo effettuare è di tipo preventivo, sia agronomico sia chimico. La lotta chimica si attua in autunno con trattamenti a base di prodotti di rame, invece quella agronomica, si ha fornendo un buon sistema di drenaggio per allontanare le acque in eccesso vavorendo lo sviluppo del patogeno, oppure sfoltendo la chioma al fine di evitare la formazione di un microclima umido, che favorirebbe il patogeno.

L'olivo-malattie: Occhio di Pavone (Cycloconium oleaginum)

L'occhio di Pavone è una tra le più importanti, e dannose malattie, di origine fungina, che attaccano l'olivo. Di fatto colpisce soprattutto le foglie ma non risparmia ne i rametti ne i frutti. Sulle foglie si manifesta con macchie rotondeggianti di 10 mm costituite da cerchi che vanno dal giallo al brunastro. Sui frutti i sintomi invece sono meno pericolosi, e si manifestano come piccole macchioline nere infossate e puntiformi; i rametti invece, sono attaccati solo sulla parte erbacea e i sintomi si manifestano simili a quelli delle foglie.
La lotta è di tipo chimico, e si interviene con un trattamento a Febbraio-Marzo e uno a Ottobre a base di Poltiglia bordolese 0 Idrossidi di rame.

La Sughera

Classificazione, origine e diffusione
Divisione: Spermatophyta
Sottodivisione: Angiosperma
Classe: Dicotyledones
Famiglia: Fagaceae
La Sughera o Quercia da sughero è originaria del bacino del Mediterraneo. In Italia si trovano sugherete in Sicilia, Lazio, bassa Toscana e soprattutto in Sardegna.

Caratteristiche generali
Dimensione e portamento: Quercia sempreverde che può raggiungere i 20 metri d'altezza, con chioma di colore verde-grigiastro. Tronco e cortecciaIl tronco diventa presto sinuoso e si riveste di una corteccia molto caratteristica, spessa molti centimetri, grigiastra, che si stacca facilmente in grossi blocchi pesanti. A ogni distacco la nuova scorza sottostante si presenta di colore bruno rossastro, spesso quasi rossastra. Foglie semipersistenti, semplici a lamina coriacea (come il leccio), ovoidali, con margine dentato e spinoso. Strutture riproduttivePianta monoica a fiori unisessuali; le ghiande sono ovoidali lunghe 2-3 cm e cupola con squame in rilievo.

Usi
La corteccia della Sughera (che si stacca facilmente in grossi blocchi) viene utilizzata per la fabbricazione dei turaccioli e come materiale isolante nell'edilizia.

Il sughero
E' un tessuto vegetale formato da microcellule morte, generalmente di forma poliedrica di 14 lati, addossate le une alle altre e con spazi inter­cellulari. totalmente riempiti di un miscuglio gassoso quasi identico a quello dell'aria. Il parenchima sugheroso è molto omogeneo, perché praticamente non è costituito che da membrane cellulari senza apertura. Sebbene aderente all'albero il sughero è formato da cellule morte. La cellula del sughero presenta una quantità minima di materia solida e una massima di gas, essenzialmente l'aria dell'atmosfera, senza però il gas carbonico. Gli strati intercellulari sono in numero di 5: due sono in cellulosa e rivestono le camere cellulari riempite d'aria: due altri in materia dura e impermeabile all’acqua (Suberina e cera): il quinto è legnoso, e conferisce la struttura e la rigidità. Per avere un'idea della taglia delle cellule del sughero, è sufficiente ricordare che un centimetro cubo di parenchima sugheroso ne contiene circa 40 milioni. Di solito esse sono esagonali e la loro forma è quella di un solido irregolare di 14 facce. Il diametro è ineguale ed oscilla dal 10 al 50 micron; predominano quelle che hanno un diametro compreso tra i 30 e i 40 micron. Tale ineguaglianza sia nello spessore che nella taglia e nel diametro cellulare che costituisce il parenchima sugheroso, interferisce su alcune proprietà meccaniche e fisiche del sughero, specialmente sulla comprimibilità ed elasticità. A partire dal 1942 tutti gli elementi chimici che compongono il sughero vengono estratti perché sempre più utilizzati nelle industrie la composizione è: 45% di suberina, 27% di lignina, 12% di cellulosa e polizuccherine, 6% di tannino, 5% di cereoleina, 5% di cenere e prodotti diversi. Il sughero viene saponificato dagli alcali forti e disgregato dall’acido nitroso e dagli alogeni.
F. Piras, Tempio e Calangianus nell'economia subericola sarda"
Dono senza pari della terra, la cui presenza protettrice e miracolosa genera un'attività economica tradizionale. Albero antico, detentore della memoria degli uomini e testimone del loro lavoro, la sua ombra si estende su luoghi dal paesaggio immutabile, partecipe dei silenziosi movimenti che accompagnano l'armonia dei declivi più dolci, delle pianure più isolate che si offrono al sole del Sud.
In ciò risiede la sua grandezza. Tutto in esso si rivela di un'utilità totale, singolare, creativa, ed esso contribuisce così alla storia degli oggetti più comuni. Per questa ragione è un albero che partecipa alla storia d'un territorio che va dalla punta sud occidentale dell'Europa, di là partendo per luoghi distanti, ambasciatore di un sapore antico, secolare, oggi necessario allo sviluppo di un'arte difficile ed esigente. Tutto ciò trova il suo prolungamento in un lavoro unico e singolare : la lavorazione del sughero. Questo richiede una conoscenza di tecniche e un'esperienza profondamente radicata nella memoria sarda della parte nord‑orientale dell'isola, come il prelievo, la preparazione e la trasformazione del sughero.
ngianus e e Si tratta dì un sapere raro, acuto ed emozionante, per la maniera con cui perdura e accompagna la vita dì generazioni intere, che hanno imparato ad apprezzare, al contatto della terra, il sapore di una relazione di rispetto e dì compagnia
La superficie mondiale dì quercia da sughero è stimata in 2, 2 milioni di ettari. La quercia da sughero cresce nel terreni sabbiosi decalcificati che abbiano un minimo, contenuto di azoto e fosforo, ma ricco di potassio con un PH fra il 5 ed il 6%. Il livello ideale dì precipitazioni è da 400 a 800 millimetri, la temperatura non deve mai essere inferiore a 5° c. e l’altitudine deve situarsi tra 600 e 800 metri.
il tronco della quercia.
E' a partire dal sughero che si stabilisce un'attività economica d'importanza vitale, con molteplici applicazioni : industrie ed attività produttive diversificate. Si dà il nome di sughero al parenchima sugheroso, cioè alla corteccia della quercia da sughero , un albero della famiglia delle fagacee caratteristica della regione del mediterraneo occidentale. La quercia da sughero cresce nella parte occidentale del bacino mediterraneo, sia nel Nord dell'Africa ( Marocco, Algeria, Tunisia ), nel Sud della Francia ( in particolare in Corsica),in Italia ( Sardegna, Sicilia e Toscana), in Spagna e Portogallo.
Questo insieme di condizioni si incontra, a differenti gradi su di una stretta fascia del litorale mediterraneo occidentale. La quercia è un albero che risale all’ Era terziaria, precisamente all’Oligocene, ossia dalla costituzione del grande bacino mediterraneo. Esistente, secondo alcuni, da più di 60 milioni di anni, rappresenta la flora europea a partire da quel periodo geologico. E’ probabile che il suo centro di diffusione sia stato la regione attualmente coperta dal Mar Tirreno e che la migrazione sia stata fatta attraverso la Cordigliera che, nel Miocene, univa le terre oggi sommerse dal Mar Egeo con la penisola Iberica. Come già detto, la quercia è una pianta della famiglia delle Fagacee, alla quale appartengono alcuni vegetali arborei come il castagno e il faggio. In seno a questa famiglia, essa fa parte del genere quercus, che comprende più di 600 specie, di cui la quercia è la specie tipo e presenta un grande interesse economico. La più importante fra loro è la quercia suber, la sola che produca sughero, poiché nessun’altra pianta produce una scorza così grossa e così resistente.

I LEPIDOTTERI DEFOGLIATORI.
I Lepidotteri defogliatori si nutrono di parti verdi della pianta e costituiscono un serio problema soprattutto nei periodi in cui le infestazioni raggiungono dimensioni rilevanti. La perdita delle foglie comporta una riduzione dell’attività fotosintetica con conseguente alterazione delle normali condizioni fisiologiche. Attacchi di forte intensità che si ripetono per più anni possono compromettere l’accrescimento delle giovani piante, mentre le piante adulte di solito reagiscono con più facilità emettendo delle nuove foglie durante la stagione vegetativa e recuperando gradualmente la propria funzionalità. I casi di epidemia di questi insetti sono da imputare essenzialmente ad una serie di fattori che influiscono sulla sopravvivenza delle popolazioni e di conseguenza sulla frequenza delle infestazioni (es. il clima, malattie, la mancanza di predatori ect). Gli studi compiuti fino ad ora hanno permesso di campionare la presenza nelle sugherete, di oltre 300 specie di insetti, di cui circa 34 legate strettamente alla quercia da sughero. Le specie che rivestono una particolare importanza fitopatologia sono essenzialmente la Lymantria dispar L. (Limantride), il Malacosoma neustria L. (Lasiocampide), la Tortrix viridana L. (Tortricide) e l’Euproctis chrysorrhoea L. (Crisorrea). I danni provocati da queste specie possono portare alla completa defogliazione di intere aree forestali. La Limantria e il Bombice gallonato sono le uniche specie di Lepidotteri presenti in Sardegna in grado di determinare, ad intervelli di tempo più o meno regolari, intense ed estese defogliazioni. I Lepidotteri defogliatori non sono dannosi per la salute umana ed un eventuale uso di prodotti chimici deve essere valutato con estrema cautela, in quanto potrebbe interferire negativamente sugli equilibri biologici esistenti, distruggendo non solo i Lepidotteri ma anche buona parte dell'entomofauna forestale. Tecniche rispettose dell’ambiente e dell’equilibrio dei boschi, quali la lotta biologica, microbiologica e biotecnica, avvalendosi di batteri, funghi, virus, protozoi e nematodi, alcuni dei quali riprodotti in laboratorio, si sono rivelate utili nel risolvere il problema. Attualmente in Italia, solo nelle foreste, è consentito l’uso di alcuni formulati a base del batterio Bacillus Thuringiensis che consentendo di effettuare una selezione mirata risulta poco nocivo ai cosidetti insetti utili.